Sulla popolazione di internet si sa già molto. Si sa che è una fascia di popolazione interessante anche se sempre piu generica ogni giorno che passa (e quindi meno definibile)

Ma… chi clicca sulla pubblicità online potrebbe essere un sottoinsieme meglio definibile.

Ci prova Danah Boyd:

Chi sono questi cliccatori accaniti? Sono in prevalenza donne, non giovanissime, che cercano soprattutto concorsi a premi. Il fatto non sorprende: sono le stesse persone che aprono lo spam e adorano parlare con gli operatori di telemarketing

Parlando di PPC quindi si clicca per noia? O si clicca perchè non si capisce che si tratta di pubblicità?
E se semplicemente si cliccasse perchè i risultati a pagamento sono a tema a volte più dei risultati gratuiti?

Per la mia esperienza posso dire che un utente che viene da banner/textads posizionati su siti diversi da un motore di ricerca rende dal 50 al 75% in meno in base a quanto è coerente il sito esterno con l’annuncio/banner. E come resa intendo il valore del comportamento dell’utente una volta raggiunto il sito pubblicizzato.
Questo cosa significa? Che se esiste una differenza non si può generalizzare il profilo del visitatore. Probabilmente l’analisi proposta da Boyd è corretta per le pubblicità che tengono in vita i siti (e infatti poi si concentra sui social network) ma non per il search engine marketing.

Un altra nota importante è il fatto che l’utente è molto piu permeabile alla campagna (intesa come SEM/PPC + Sito) tanto più questa è efficace nel proporre un sogno (piccolo o grande che sia). Ma alla fine il sogno deve essere realizzabile per chi visita il sito. Il CTR di un annuncio è il più letale degli indici di performance. Perchè un buon creativo lo può far schizzare alle stelle, ma portando visite “inutili” in termini di ROI.

In risposta a:

cosa comporta il fatto che il marketing trae profitto principalmente da chi si trova in difficoltà economiche e sociali?

Il resto dopo il salto 

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