Proudly debugging the system since 1981

Categoria: weblife (Pagina 3 di 4)

App vs Web

Ovvero perchè, in linea generale, sono contrario al proliferare delle app per dispositivi mobile.

  1. Le app sono un sistema chiuso. La tendenza dovrebbe essere verso l’apertura. Abbiamo ottenuto a fatica un linguaggio standard (l’html), compresibile ovunque, gestito da un consorzio superpartes. Il linguaggio ha enormi potenzialità di crescita ma è richiesto uno sforzo da parte di tutte le parti coinvolte. Compresi gli utenti che dovrebbero privilegiare software e siti aderenti agli standard.
  2. Le app sono costose da sviluppare. Tecnologicamente si riparte da zero per ogni diverso sistema. E’ vero l’utenza aumenta, ma anche gli ecosistemi. Al momento in cui viene scritto questo articolo non si può pensare di fare un app se non si sviluppa per almeno 2 sistemi. Probabilmente, nel prossimo futuro, ce ne sarà un terzo con un bacino di utenza sufficentemente ampio da non essere possibile ignorarlo.
  3. Le app sono pericolose. Sono dei programmi che si installano su un computer. Con tutti i rischi del caso. Una efficente gestione dei permessi e un controllo da parte del gestore dell’ecosistema non mettono al sicuro da ogni problema. Market paralleli e sblocco dei “limiti” di fabbrica sono presenti da sempre. Errori nella valutazione della sicurezza delle applicazioni anche.
  4. Le app non risolvono il problema di avere una parte server. Perchè per essere interessanti, devono offrire per esempio informazioni nuove, o una comunicazione con altri utenti devono avere una parte server.
  5. Le app hanno un ciclo di vita breve. Un sito web può rimanere frubile (anche se non gradevole) per 10 o più anni. Le app sono legate al tempo di vita di una piattaforma hardware/software. Quando viene a mancare, vuoi per mancanza di diffusione o per cessazione del supporto, l’app non è più fruibile.

Ma perchè dovremmo quindi fare affidamento alle app, quando possiamo fare un sito mobile:

  1. Per far pagare l’accesso. I market rendono l’operazione molto semplice. Ma non è impossibile fare lo stesso col web.
  2. Per avere un aspetto grafico più evoluto. Interfacce asincrone e veloci sono difficili da rendere su web. Il 3D anche. Anche se su piattaforme desktop questo vincolo è sempre meno stringente.
  3. Per essere indipendenti dalla disponibilità di connessione dati. La necessità di risolvere questo problema si fà sempre più ridotta ma in alcuni casi è meglio essere indipendenti da una cosa, se effettivamente non porta nessun vantaggio averla.
  4. Per accedere direttamente all’hardware. Una applicazione che comunica col modulo fotografico del cellulare serve sempre.

Di questi 4 punti, solo gli ultimi 2 rimarranno una prerogativa delle app. I primi due sono una limitazione momentanea.

Ovviamente la riflessione parte da casi di vita reale, dove se il cliente si fissa sulle app, o chi vende pensa che possa far fissare il cliente con le app, si fanno le app. Fine del discorso. Ma se devo riflettere escludendo qualsiasi influenza personale o aziendale sconsiglierei di buttarsi in questa avventura almeno nel 90% dei casi.

P.S. : Questo mese il mio (ex?) periodico preferito (wired, edizione italiana) esce con le 100 app che devi avere. Che cambio di profondità di visione, da quando con un altra direzione aveva promosso “internet for peace”. Le app sono definitivamente anti-internet (inteso come web, ma anche inteso come modo di pensare).

Smaterializzazione

Stiamo traslocando altrove. Dire dove non è cosi banale.

Non ci sono limiti di tempo, non ci sono file da fare, non si scrive più a mano, il denaro c’è ma non si vede. Gli edifici in muratura perdono di sostanza. L’impiegato che, annoiato e noioso, risponde sempre alle stesse domande e un pò per vendetta vi rimbalza qua e là diventa l’ultima opzione. Le trappole burocratiche cessano di esistere perchè la guida è in tempo reale.

Un sogno? Forse, ma un passo alla volta ci si sta arrivando. Con buona pace di chi difende metodi paleolitici solo perchè sono più affini delle sue abilità. La resistenza è inutile.

DVD e Siae

Un DVD vergine in italia costa circa 0,8€

Un DVD vergine in germania costa circa 0,2€

Come mai ? Negozianti scorretti ? Filiera lunga? Accordi tra grossisti?

No. Tasse. Semplice.
Per ogni DVD che utilizzate a scopo di backup per le vostre foto o documenti, o per il filmino delle vacanze, o per memorizzarci software opensource pagate un micatanto equo compenso alla siae.
Perche noi della siae sappiamo che siete tutti pirati. TUTTI. E quindi un pò di soldi ve li caviamo da vie trasversali.

Ma no, non ci basta. Ormai si masterizza poco. Si usano dispositivi con memoria a stato solido (a.k.a. IPOD, chiavette usb e via dicendo) troppo difficili da tassare sufficentemente senza causare fenomeni di importazione parallela. E allora perche non tassare all’origne?

Già … perche no?

Siae, supertassa Internet

Detto fatto.

Google Wave – bis

Non faccio in tempo a lamentarmi che subito arriva la possibilità di diffondere inviti. Mi sento un pochetto sotto controllo.

Comunque sia ne darò 3 ai visitatori del blog. I piu veloci a commentare questo post riceveranno l’invito.

Aggiungete e controllate la mail nel commento in modo che l’invito possa essere inviato.

Google wave

Un immagine su tutto :

google_wave

Si ho un account su google wave, grazie a bluxis.

No non ho inviti da girarvi a mia volta.

No, non ho ancora trovato un utilizzo pratico in cui wave sia meglio di altri tools. Fa tante cose, in teoria, ma peggio dello strumento specifico. E poi a volte non va.

State organizzando un meeting e volete sapere gli impegni degli altri ? Outlook (se lo usano tutti) o Doodle (per una maggiore flessibilita)

Dovete chattare e condividere file in tempo reale ? Skype, con i suoi mille plugin, è lo strumento migliore.

Volete condividere molti file tra i vostri pc e anche con il pubblico con la stessa semplicita di copiare una cartella da una parte all’altra del disco ? Vi consiglio Dropbox, ve ne innamorerete.

Foto via frkncngz

Email sotto controllo

Può capitare che qualcuno, con la sindrome del grande fratello, decida che sia bene leggere tutte le mail che passano dal server aziendale. Passare dal desiderio all’azione fa a pugni con svariati principi legislativi, inerenti la privacy, la riservatezza della posta, lo statuto dei lavoratori con particolare riferimento al controllo remoto, ma a quanto sembra non esiste una legge precisa che regoli la cosa. Nello statuto dei lavoratori l’articolo 4 parla di videosorveglianza, non di altri mezzi, ma è datato 1970 e le email erano decisamente un fenomeno di nicchia. L’articolo 15 della costituzione invece è decisamente piu lungimirante, parlando di corrispondenza senza specificare il media e di comunicazione in generale.

Quindi considerando le e-mail al pari della posta cartacea (essendo una forma di comunicazione), possono essere aperte solo dal destinatario, mentre se si considera la pratica di intercettare le mail come controllo al pari di un impianto audiovisivo, ci vuole l’accordo dei sindacati o approvazione dell’ispettorato del lavoro. In ogni caso è una violazione della privacy quindi va informato il diretto interessato e ottenuta la sua autorizzazione a questa violazione.

Il garante della privacy inoltre equipara il controllo delle mail (e il controllo dei log di navigazione) alla sorveglianza remota trattata dallo statuto dei lavoratori e suggerisce l’utilizzo di filtri automatici e di email differenziate per la funzione svolta dal lavoratore (e condivisa con altri) e per il lavoratore stesso. E comunque di informare con chiarezza sui controlli preventivi e successivi eventualmente adottati.

Ma pare che il controllo occulto sia di moda, nonostante i rischi (penali) di questa cosa. Sono stupito di quanto si possa decidere di rischiare per ottenere cosi poco. Alla fine rimangono estranei al controllo mezzi pure più potenti come caselle email private controllate tramite protocolli sicuri, chiavette usb, cellulari,  portatili e cosi via …

C'è stata l'epoca di Napster

e c’è stata l’epoca di The Pirate Bay.

E sono entrambe finite, morte per aver centralizzato ciò che non andava centralizzato. Per aver dato ai detentori dei (legittimi) diritti un bersaglio abbastanza grosso a cui sparare con la loro immensa potenza di fuoco.

TPB è stata venduta, e farà la fine di Napster . Un ombra di ciò che era.

Cosa rimane ? Per ora il fatto che l’opinione pubblica è contraria ai capri espitori che pagano migliaia di euro per poche mp3, e una la legge non aiuta questo genere di soluzioni che sono più vicine al terrorismo che alla giustizia, giustizia che dovrebbe sottointendere la proporzionalità tra delitto e pena. Ma anche un industria che non sà più che pesci pigliare, non capisce internet e non vede come estrarne sufficenti profitti per giustificare il “rilascio” di produzioni costosissime pro bono su questo canale.

Il digital right management non ha funzionato. Se compro una canzone voglio poterla mettere su ogni cavolo di lettore mp3 che mi aggrada. Altrimenti perchè pagarla ? Quella proviente dal P2P ha già questa caratteristica.

My Two cents ?

  • Dalla rete voglio l’indipendenza da palinsesto e pacchetti. A me non-me-ne-frega-nulla di contribuire allo stipendo di un calciatore. A te non-te-ne-frega-nulla delle serie in contemporanea con l’america. In ogni caso quello che mi piace lo guardo quando voglio io. Non quando lo mandi in onda te.
  • E un prezzo accessibile. Flat per i grandi utilizzatori, pay per view per i piccoli … e perchè no pubblicità per tutti. Magari meno, ma un pò non fà male.
  • E lo voglio salvare e rivedere quante volte voglio. Il videoregistratore è in uso da 30anni a dir poco. Il registratore di audiocassette da una eternità. Ci abbiamo fatto l’abitudine e non ci rinunciamo. Mettetevelo in testa.

Detto questo una pace tra chi produce e chi consuma è possibile. Ma chi produce canzoni, film, serie … come chi produce qualsiasi altro bene … deve capire e soddisfare le esigenze di chi consuma. Non combatterle con orde di avvocati.

Hunch

Vi fa delle domande che non centrano nulla, poi voi gli fate una domanda, e lui vi dice ciò che è meglio per voi.

Quindi, finalmente, si puo evitare di decidere. Un sito deciderà per noi.

Io mi sono fatto “profilare” e poi gli ho chiesto quale automobile fà per me. Mi ha proposto o una Nissan 350z roadster o una Mazda RX8. Non ci siamo andati molto lontani.

Buon divertimento : http://www.hunch.com/

Ps: Sono nerd al 65% !

Approposito di facebook

[…]Un conto è essere amichevoli, un conto essere amici. Bisogna essere amichevoli e gentili con tutti, ma amici no[…]

Quindi no, chi non ti piace non è un amico. Già facebook ha trasformato il concetto di “amico” in qualcosa di molto vicino al “contatto”, eh vabbeh, ma se il tuo vicino stronzo ti invita io sono dell’idea di rifiutare. Perchè va bene dar fiducia a chi non conosci in modo approfondito (ovvero i contatti) ma addare chi non sopporti per far salire il numerello, o per altri interessi, è veramente prostituzione sociale.

Versione completa e sicuramente interessante (non che condivida tutto eh…) su wittgenstein

La cina è vicina

(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)

1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

2. Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.

3. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministro dell’interno con proprio provvedimento.

4. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dell’interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.

5. Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: “col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda”.».

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emend&leg=16&id=391198&idoggetto=413875

E buon weekend a tutti. (Scommettiamo che non ne parlerà nessuno sui media vecchi?)

« Articoli meno recenti Articoli più recenti »

© 2025 b0sh.net

Tema di Anders NorenSu ↑